Libri e storie di bambini che sperimentano l’indipendenza

Oggi vi racconto una storia, una storia che parla di ricerca di indipendenza.

I primi di gennaio abbiamo fatto una gita di famiglia a Cambridge. La chiamo gita perché vacanza è quella cosa in cui ti riposi. Con due bimbi al seguito, uno dei quali di quasi un anno, non ci siamo molto riposati.

Ma è stato molto bello viaggiare tutti assieme. Scoprire una città nuova. Esplorarla.

La casa che avevamo scelto con airbnb, era una tipica casa inglese su tre livelli, molto bella, spaziosa e completa di tutti i comfort, compreso Sky sulle due tv della casa. Una al piano terra nel soggiorno, una nella camera da letto all’ultimo piano.

Mio figlio maggiore, fu subito entusiasta della scelta della casa. Decise immediatamente che la camera in alto con la tv sarebbe stata la sua stanzetta. Noi avremmo dormito al primo piano.Continua a leggere…

I due insegnamenti del libro “Ricette per un anno da freelance” di Mariachiara Montera

Torna la sezione dedicata ai libri per noi creative, qui trovi il primo libro recensito.

Oggi vi parlo del libro “Ricette per un anno da freelance” di Mariachiara Montera.

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Come l’altra volta farò libera interpretazione di quanto scritto per calarlo ad un mondo più mio, Mariachiara infatti si occupa più di organizzazione eventi e di area food.

Questo libro è una delle risorse gratuite per kindle (non saprei se si trova anche per altri e-reader), in ogni caso, i libri per kindle si possono leggere anche da altri dispositivi (pc, smartphone). Vi consiglio di scaricarlo, si legge velocemente e può dare qualche punto di riflessione, soprattutto per chi è alle prime armi.

In breve, l’autrice, fa un punto della situazione del suo primo anno da freelance, lasciandoci qualche consiglio.

#1: Comunicare, fare self branding e networking

“[…] personal brandig vuol dire comunicare chi siete, cosa fate, qual’è la vostra identità professionale e per quali motivi potrebbe essere piacevole lavorare con voi.”

Per quanto mi riguarda, faccio un po’ di fatica nel calarmi in questo lavoro, forse perché io per prima trovo la mia “identità professionale” a volte molto fumosa e, quando comunico, faccio fatica a conciliare e a mettere assieme i miei diversi interessi. Di cosa mi voglio occupare? Come voglio essere identificata? Sono quella che fa i bavaglini? Quella che fa le tracolle? Mi sembra riduttivo “chiudermi” dietro un solo aspetto ma mi perdo quando devo parlare del tutto.

“Non si tratta di chiacchierare, ma di selezionare e scegliere: cosa dire, quanto dire, quali pezzi di voi proporre, quali collaborazioni mettere in luce, su quali social stare e come usarli. Lamentarsi, gioire, includere, condividere, criticare, complimentarsi: mostrare al mondo, insomma, come state al mondo, come lo guardate, il modo in cui lo girate, cosa vi piace e ci appassiona.”

Comunicare, fare costante esercizio, perché non è così scontato come può sembrare.

Sul networking: “[…] da quando mi sono messa in proprio non ho mai cercato nessun lavoro, ma è il lavoro e chi poteva propormelo che hanno cercato me.”

Mariachiara aggiunge:

“Tutto questo significa riuscire a chiacchierare con diverse persone, metterle in contatto fra loro con generosità, essere costantemente presente in ambiti diversi (social, food, fashion) perché è nelle intersezioni che nascono le cose più interessanti.”

Quindi, comunicare, comunicare e comunicare.

Credo che per comunicare bene ci voglia attitudine, oppure, esercizio e costanza.

“[…] da freelance tocca restituire un’immagine brillante di sé, che invogli le persone a voler avere a che fare con te: questo implica che anche se quel giorno mi sono svegliata con la voglia di morire, brutta, alla mercé di imprevisti e sciagure, con l’ansia che potrei cominciare a bere gin dal mattino, anche quel giorno tutto quello che uscirà dal mio corpo per approdare sui social sarà un allegro buongiono! unito a un link brillante e sagace al servizio dei miei lettori. non si tratta di essere sempre felici, ma bisogna fare i conti con il fatto che il malumore genera malumore.”

Trovare un equilibrio tra l’essere veri e il non lagnarsi della vita è, secondo me, il fine ultimo sia sui social che nella vita personale. In ogni caso è un interessante punto di riflessione. Sarebbe bello sapere cosa ne pensate voi a riguardo.

E, come aggiunge successivamente l’autrice: “[…] la positività è un’attitudine necessaria per sopravvivere alla condizione di freelance, […].

#2 Il tempo e il prezzo

Uno dei grandi problemi di noi creative che dobbiamo occuparci di tutto è quello della gestione del tempo. Il consiglio dell’autrice è quello di dare dei confini netti alle ore di lavoro. Io ci sto seriamente provando.

Ma anche: “[…] vale la pena, soprattutto durante i primi lavori, prendere nota del tempo effettivamente impiegato a fare quel lavoro.”.

Ciò ci aiuterà a darci un prezzo.

E riguardo al prezzo, uno dei consigli dati è quello di valutare anche i lavori gratis e non essere a riguardo necessariamente chiusi, perché a volte dal lavorare gratis possono nascere delle collaborazioni che poi verranno pagate. Credo che questo voglia dire, in qualche modo, fare networking. Mi sembra un consiglio valido ma bisogna ponderare davvero molto bene.

Vi lascio con una frase che mi ha fatto molto riflettere:

“I semi vanno sempre piantati, fosse pure nel cemento.”

La scorsa primavera, durante uno dei mercatini a cui ho partecipato, sono rimasta colpita nel vedere uno stand in cui i ragazzi non vendevano nulla, facevano pubblicità. Stavano sfruttando la loro postazione per raccontare il loro lavoro (realizzano articoli artigianali e personalizzati). Quel giorno ho imparato che ogni occasione deve essere sfruttata per parlare del nostro lavoro.

Da quel giorno, ai mercatini, mi spendo maggiormente nel raccontare, anche e soprattutto a chi non sta acquistando. Queste persone, non andranno via con nulla, forse non avranno nulla in mano, ma sapranno che ci sono, che faccio delle cose che potrebbero essere interessate ad acquistare in futuro. Il consiglio che vi lascio è questo, considerate il tempo dei mercatini un investimento in pubblicità, è una vetrina, qualcuno comprerà, qualcuno non si fermerà, altri sapranno che esistete e che potreste risolvergli un problema un giorno.

I cinque insegnamenti del libro “Trasforma la tua pecora in notizia”.

trasforma la tua pecora in notizia

Ho acquistato questo libro in versione Kindle pagandolo una sciocchezza e l’ho letto d’un fiato qualche settimana fa, l’ho fatto sedimentare e adesso vorrei parlarne perché penso possa essere utile a chi come me ha un blog e una piccola attività da promuovere.

Partiamo dall’inizio, quando decisi di aprire questo blog ero molto confusa sugli argomenti che avrei trattato. In passato ho già tenuto un blog e so quanto possa essere difficile riuscire a trasformare piccoli eventi, piccole conquiste, piccole quotidianità, in qualcosa di interessante per i lettori. Per questo motivo sono rimasta attratta dal titolo di questo libro. Che devo dire non ha disatteso le mie aspettative.

Certo, la seconda parte parla molto di argomenti che non mi interessano, per il momento non ho ancora la necessità di organizzare conferenze stampa e l’ufficio stampa è incarnato nella mia persona (che si occupa anche di marketing, ricerca e sviluppo, produzione vera e propria, ecc.).

Il libro si occupa di indagare la metodologia di comunicazione della multinazionale Whirlpool. Ma credo che alcuni insegnamenti siano importanti anche per noi blogger/crafter.

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Ecco cosa ho imparato:

#1. Il nostro lavoro può e deve diventare notizia. “Fare qualcosa e non comunicarlo equivale a non averlo fatto”.

#2. Esistono due classi di audience: la primaria e la secondaria. “La primaria è data dall’utente, dal cliente o dal pubblico che utilizza o compra un determinato prodotto/servizio o prende parte ad un certo evento e da quelli che ne sentono il racconto dei partecipanti e decidono di credervi (almeno in parte). La secondaria è costituita da coloro che, pur non essendo direttamente coinvolti, ne vengono a conoscenza grazie ai media che se ne occupano.”. Io sostituisco la parola “media”, con i social che utilizzo e ovviamente il blog. Quindi l’audience è data da chi conosce i nostri prodotti perché li ha visti con i propri occhi e da chi crede in quello che viene raccontato di noi, entrambe sono importanti, ma la seconda è molto più ampia della prima. Infatti: “Produrre un bene di elevata qualità può non significare nulla, se ciò non viene percepito adeguatamente dal potenziale acquirente.”. Quindi, non basta solo il passaparola di chi ha visto i nostri oggetti, ma è importante anche la percezione che diamo dei nostri lavori.

#3. Rendere interessante ciò che scriviamo e raccontiamo di noi. “[…] tutto può essere una storia. Ma perché una storia diventi notizia deve contenere almeno un elemento che la renda appetibile ai media.”. Nel nostro caso i media sono i lettori che possono decidere di condividere un contenuto, commentare, ecc…

#4. L’importanza della reputazione online e offline. “La reputazione si forma solo col passare del tempo, la si può perdere, ma non migliorare velocemente.”. La reputazione non corrisponde all’immagine dell’azienda. “[…] l’immagine dipende soprattutto dall’azienda, mentre la reputazione è soprattutto costruita dagli altri, ovviamente sulla base dei comportamenti e delle azioni compiute dall’organizzazione, e quindi dalla sua storia reale.”. “Una buona reputazione, è dimostrato, contribuisce ad orientare il comportamento del pubblico.”.

#5. Circa il rischio dell’autoreferenzialità. “E indovinate cosa sta agli antipodi della notizia? Giusto: l’autoreferenzialità.”. La “comunicazione istituzionale” è quella che l’impresa sviluppa per promuovere l’immagine di sé stessa, senza parlare dei prodotti e senza alcun obiettivo a breve termine di marketing e profitto. Quindi evitare di parlare sempre e solo dei propri prodotti, ma cercare di parlare di quello che c’è attorno alla propria azienda.

In questo modo, il fatto di usare delle pecore come tosa erba, ha fatto parlare i media della Whirlpool, facendo così notizia.

Raccontare una storia significa “trasformare  la normalità in straordinarietà e la stabilità in eccezionalità.”.

Come avrete capito, ho preso questo libro e l’ho decontestualizzato adattando le informazioni al mio contesto (piccolo blog e piccola produzione handmade).

Credo che da esso si possano rubare delle idee e degli spunti e spero che ciò possa essere utile anche a voi.

Io cambierò il mondo

Bavaglino azzurro con biberon, 100% cotone
Bavaglino bimbo 100% cotone

“Non fare le cose per me,
non spianarmi la strada.
Il sentiero voglio aprirmelo
usando la mia spada.

Bavaglino bimba giallo con ananas, 100% cotone
Bavaglino 100% cotone


Lo so che tu speri per me
che il male non mi tocchi,
ma voglio affrontare il drago
guardandolo negli occhi.

Bavaglino con tessuto fantasia, 100% cotone
Bavaglino 100% cotone


Non fare le cose per me,
e lasciami provare.
Ho l’infinito davanti
e il tempo di sbagliare” 

“L’infinito davanti” di Janna Carioli, tratto dal libro “Io cambierò il mondo”

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Io cambierò il mondo

Un libro di poesie per bambini e ragazzi che insegna agli adulti. Un libro che amo e che consiglio per i vostri piccoli (figli, nipoti, figli di amici, vicini di casa, ecc…). Janna Carioli usa le parole con maestria, non diventando mai pesante e scontata.

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Bavaglino blu con stelle, 100% cotone
Bavaglino 100% cotone

Come avrete capito ho terminato i bavaglini di cui vi parlavo. Sono tutti realizzati in 100% cotone con tessuto a fantasia e spugna bianca sul retro. Realizzo io stessa anche lo sbieco.

Li trovate tutti sul negozio Etsy.

Intanto sto continuando a lavorare per i più piccoli, spero a breve di mostrarvi le novità. Se volete restare aggiornate su quello che faccio, di solito su Facebook inserisco qualche anteprima o qualche lavoro in corso.

Invece, se vi piacciono le foto sfocate (un giorno migliorerò, me lo sento), e volete vedere il vero dietro le quinte, mi trovate su Instagram.

Seguiamoci, se vi va, segnalatemi le vostre pagine e verrò a curiosare un po’! 🙂