Sull’essere madre e il viaggiare da sola.

Sono tornata ieri a casa. Casa a Cambridge. Perché ormai sono giunta alla conclusione che casa è dove decido di stare, con la mia famiglia. Ho cambiato diverse case per capirlo, circa 10. Tutto quello che queste case hanno contenuto e hanno visto, viaggia con me. Le case alla fine sono cose che vanno e vengono.

Forse anche il mio corpo non è poi la mia casa. Mi sono fatta aggiungere all’elenco dei donatori di organi e tessuti. Non saprei cosa farmene dopo la morte. E, anche se alcune cose fanno impressione anche a me, io non sono certo il mio corpo, il posto in cui vivo, non sono nemmeno quello che faccio. Queste sono tutte semplificazioni, utili per chi ti incontra e deve catalogarti, perché il non conosciuto e la complessità fanno spesso paura. Io non sono “una mamma”, “una moglie”, “una siciliana”, “un’immigrata”. Sono tutte queste cose e molto, molto di più.

Mi piace citare la frase Gestaltista: “Il tutto è maggiore della somma delle parti”.

Eppure, a furia di catalogarci e incasellarci in certi schemi, noi per primi, si rischia poi di far fatica a vedersi diversamente.

Sono una mamma, non sono solo una mamma, voglio essere più che una mamma. Per il bene mio e dei miei figli.

Eppure la questione non è poi così semplice. Ho viaggiato da sola come non succedeva dal 2009. Mi sono allontanata dalla mia casa, da sola, senza i miei figli e per le prime 24 ore è stato terribile. Allora mi chiedo, dopo 6 anni circa di “mammitudine”, davvero mi sono autoincasellata in quel ruolo tanto da sentirmi persa? Io che faccio tanto la spavalda, quella che incoraggia l’autonomia dei suoi figli, quella che “ma sì, sopravviverete”. Mi sono chiesta, sono sicura che loro se la caveranno alla grande, ma io, io riuscirò a cavarmela senza di loro?

Sì, me la sono cavata. Dopo 24 ore di scoramento. Ho tolto i panni di “la mamma di…” e ho rimesso i miei panni. Ho ripreso possesso di me stessa. Come quando ho smesso di allattare Dante, dopo 11 mesi, e mi sono sentita libera nel mio corpo. Finalmente il mio corpo tornava ad essere solo mio.

Credo che l’esercizio di allontanarsi e provare a immaginarsi in una vita di non sola mammitudine, sia fondamentale per se stesse e per i propri figli. D’altra parte, essere oggetto di un nostro bisogno così viscerale non gli fa per nulla bene. Ne sono convinta.

Come mi sono sentita? Strana. Ho ritrovato quel senso di leggerezza che è  frutto del dovermi occupare solo di me stessa, ma anche una forte resistenza a godermela. Come una corda che mi stringe e mi lega ad un ruolo di madre, con una forma e una modalità che ho fortemente voluto, ma che non so se sento davvero mie. Come se questo ruolo fosse stato disegnato per me da altri. Tra la disapprovazione generale, detta e non detta, (Ehi, li vedo i vostri sguardi!), sento di dover trovare una modalità nuova che sia più mia, più rispettosa delle mie esigenze e di quello che sono.

Sarò una cattiva madre per questo? Lo sono comunque tutte le volte che, non essendo onesta con me stessa, non lo sono con i miei figli. Lo sono tutte le volte che faccio le cose perché “si fa così” piuttosto che “così voglio fare”.

Questo viaggio è stato terapeutico.

Tornano echi antichi: “Staranno bene anche senza di me?” “Riusciranno a cavarsela?” Ma la vera domanda è: davvero ho bisogno di rendermi indispensabile per sentirmi una buona madre? E’ in questo modo che voglio essere madre?

E quando un giorno non avranno più “bisogno” di me, il giorno in cui si laveranno e vestiranno in autonomia, in cui non vorranno più condividere i loro pensieri come, io cosa sarò? Sarò meno madre? Davvero voglio che il bisogno diventi il fulcro della nostra relazione?

Certo che no, ma devo lavorarci oggi e ho bisogno di tutta la mia creatività.

E’ un po’ come quando si dice ai bambini che non si sale dallo scivolo al contrario, anch’io l’ho fatto un paio di volte con Dante e poi mi sono fermata e mi sono chiesta: “Perché?”. Voi lo sapete perché non si può salire lo scivolo al contrario, anche quando non c’è nessuno sullo scivolo?

E così anch’io devo scrollarmi di dosso certe prescrizioni del passato e della società che mi circonda e trovare un modo che sia mio e che sia rispettoso di quello che sento. C’è una via diversa e possibile, lo so.

 

2 pensieri su “Sull’essere madre e il viaggiare da sola.

  1. Ciao Maria Teresa,sono Wanda e arrivo al tuo post grazie al tuo like lasciato in un mio post su Instagram. Ti scopro e devo dire che è una piacevole scoperta! Mi piace come scrivi e come ti racconti nelle “storie ” di Instagram. Questo post parla di un argomento davvero particolare,non credo che proprio tutte le mamme provino queste sensazioni. Io personalmente mi sono riconosciuta molto in ciò che hai descritto,in ogni minimo dettaglio! Mi hai fatto riflettere su ciò che era giusto che riflettessi…..grazie!

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    • Ciao Wanda! Hai ragione, ognuno vive e sente cose diverse. Io sto riflettendo su questi temi e ad ogni mia scelta “ovvia”, mi fermo a capire. Almeno ci provo. E’ un lavoro continuo. Grazie per il tuo commento. 🙂

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